domenica 20 maggio 2007

Callimaco, Apollonio Rodio e il poema epico.

Callimaco ebbe animo incline alle contese e alle polemiche letterarie. Nel Giambo XIII, rivolgendosi ad Apollo e alle Muse, il poeta si difende dall'accusa di polueidìa, di trattare i generi letterari più diversi. […]
Ma gli avversari non rimproveravano a Callimaco soltanto la varietà dei generi letterari; gli rivolgevano un'accusa assai più insidiosa: lo accusavano di esser "poeta di pochi versi", di saper comporre soltanto brevi carmi, di non aver vigore e lena per comporre un vero poema. Chi erano gli avversari di Callimaco? Un tempo si credeva, sulla fede di varie testimonianze antiche, che l'unico avversario fosse Apollonio Rodio. Un papiro egiziano, pubblicato in Italia (Scholia Florentina), c'informa che gli avversari erano parecchi: Asclepiade, Posidippo, il Peripatetico, Prassifane di Mitilene. Manca, anzi, proprio Apollonio; ma nel papiro c'è spazio ancora per parecchi nomi, così da far credere che anche Apollonio dovesse essere nominato.
Asclepiade aveva esaltata in un famoso epigramma che ci è rimasto, la Lide di Antimaco. Ad Asclepiade faceva eco, in un altro epigramma, l'amico Posidippo. E Apollonio Rodio non doveva giudicare diversamente: egli non solo imitò da vicino alcuni versi di Antimaco, ma aveva dedicato uno scritto allo studio grammaticale di questo poeta (Su Antimaco), come sappiamo da un papiro. A tutti costoro si oppose Callimaco, che, in netto contrasto con giudizi così favorevoli, definiva la Lide, "opera grossa e non ben lavorata".
Platone aveva molto apprezzato Antimaco, quando tutti ad Antimaco preferivano Cherilo di Samo. E, quando il poeta era morto, aveva mandato a Colofone il suo scolaro Eraclide Pontico a raccoglierne le opere, perchè non andassero perdute. Ma nemmeno il giudizio favorevole di Platone impressionava Callimaco: egli affermava senza ritegno che Platone «non era capace di giudicare i poeti».
Callimaco è il primo poeta greco che non vuole insegnar nulla a nessuno, che si propone come fine l'arte per l'arte, che ha chiaro il concetto dell'autonomia dell'arte dalla morale: qui è tutto il valore della sua polemica contro Platone e gli altri esaltatori di Antimaco. Callimaco trattò spesso di poetica affrontando anche un'altra questione. Dice un suo epigramma: «Io odio il poema ciclico, né mi piace la via che conduce qua e là molti; odio anche l'amato infedele; non bevo alla fontana pubblica. Detesto tutto ciò che è popolare». Se anche il così detto "ciclo epico" risale a Zenodoto, qui Callimaco, condannando il «poema ciclico», non allude soltanto ai continuatori di Omero che costituivano il «ciclo», ma allo stesso Omero: egli condanna qualunque poema continuato, che racconti diversamente, con tutti i suoi particolari, una storia o un mito.
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Alla polemica letteraria si riferiva anche l'Ibis: una lunga serie d'imprecazioni contro Apollonio Rodio, al quale si auguravano le più terribili sciagure dei personaggi della storia e del mito. Ma dell'Ibis non abbiamo nessun frammento. E nemmeno può darcene un’idea il poemetto di Ovidio dallo stesso titolo: Ovidio è un imitatore che vuol essere originale, non è un traduttore.
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Per la sua poetica da lui affermata più volte con vigore e con sincera convinzione, Callimaco merita un posto nella storia delle idee estetiche e del gusto. La sua poetica è nuova e originale. Prima di Callimaco, nessuno aveva osato proclamare l'inferiorità del poema «uno e continuato», di fronte al poemetto di pochi versi squisiti; nessun poeta greco aveva osato affermare che la sua arte era destinata non alla folla ignorante, ma agl’intendenti raffinati. Da questa nuova poetica il poema epico era irrimediabilmente condannato.
Ma Callimaco aveva ragione e torto insieme. Aveva indubbiamente ragione, quando giudicava il poema epico morto per sempre. Gli Argonauti, il poema epico di Apollonio, nonostante l’ammirevole rappresentazione dell’amore di Medea e qualche bel frammento di poesia qua e là, furono soltanto uno splendido, non inglorioso, fallimento. E, dopo Callimaco, in tutta la letteratura classica, un solo poema epico riuscì una vera opera d’arte: l’Eneide. Ma Callimaco ebbe indubbiamente torto, quando volle condannare anche l’epica del passato. Inevitabilmente un fiume dall’ampia corrente è meno puro delle purissime stille d’un sacro fonte: in un lungo poema come l’Iliade, è facile trovare parti stanche, poco poetiche o impoetiche; è molto più facile che in una breve lirica. Ma sarà Omero meno poeta per questo? E sarà minor poeta del poeta perfetto d’una breve lirica?

Gennaro Perrotta, Disegno storico della letteratura greca

1 commento:

Cate ha detto...

dove posso trovare il testo in greco del passo di Callimaco Odio il poema ciclico ecc ecc...????
(non sono una liceale alle prese con lo studio)
se aveste qualche informazione mi sareste di enorme aiuto:)