sabato 5 maggio 2007

Heinrich Schliemann (5)

Ma il mondo greco non era limitato alla città di Priamo e di Ettore, alla città dove Paride, salpando dalle rive della Laconia, aveva porta la bella Elena. No, il mondo omerico era anche rappresentato dalla terra dei vincitori, da Micene, la città di Agamennone, e da Tirinto, sul golfo di Argolide. Dopo i successi ottenuti a Troia, su quelle terre Schliemann avrebbe concentrato i suoi sforzi.
All’estremità della pianura di Argolide, risalendo verso nord, laddove si biforcano le due strade che conducono a Corinto, sulla sommità di un colle incastrato tra due alte montagne, giace la fortezza di Micene.
I greci attribuivano la paternità della cittadella ai Ciclopi. Perseo e i suoi discendenti avevano regnato su questa imprendibile fortezza prima che il loro scettro passasse a Pelope, che aveva dato il nome al Peloponneso, ad Atreo e ad Agamennone.
Micene era degna dello scopritore di Troia, e a Micene Schliemann avrebbe aperto nuove trincee.
Alla fine di febbraio del 1874 iniziano i lavori. Si comincia con l’acropoli. Il secondo giorno dello scavo Schliemann scopre una piccola testa di mucca in argilla. Perché non pensare alla famosa Era “dagli occhi di mucca”? L’andamento dei lavori lascia ben sperare circa il felice esito degli scavi, ma il governo turco ha appena iniziato un processo contro Schliemann per ottenere la restituzione della metà degli oggetti scoperti e portati via da Troia.
Nel cuore del tedesco la passione per Omero va condivisa con l’amore per il denaro e le proteste di Schliemann si fanno aspre. La causa si protrae per un anno ma, alla fine, Schliemann è condannato a pagare una somma di 10 000 franchi aurei al governo turco come compenso per il danno recato al patrimonio nazionale.
Le cose si presentano mal, anche e soprattutto perché Schliemann ha in mente di proseguire gli scavi a Troia. Qualora si dovessero rompere i rapporti con i turchi, l’antico sogno di cercare i tesori in mezzo ai resti della mitica città di Priamo si dissolverebbe. Perciò Schliemann valuta attentamente la situazione e fa i suoi calcoli, da abile diplomatico e astuto commerciante. Per riacquistare prestigio e stima presso le autorità turche, occorre fare un gesto. È stato condannato a pagare 10 000 franchi aurei come indennizzo per i tesori sottratti al paese, manderà in compenso 50 000 franchi aurei al ministro della Pubblica Istruzione, che serviranno ad allestire il museo imperiale.
Il ministro si commuove
e Schliemann riacquista la fiducia del governo turco. Alla fine lo ritroviamo a Costantinopoli, dove sollecita un nuovo permesso di scavo a Hissarlik. Gli sforzi compiuti per ottenere questo nuovo permesso sono notevoli e, alla fine, hanno esito positivo: così, nell’aprile del 1876, Schliemann parte per i Dardanelli.
Il governatore locale, Ibrahim Pascià è meno sensibile del ministro della Pubblica Istruzione al bel gesto di Schliemann e si oppone con forza ai nuovi progetti del tedesco. La lite tra il governatore e l’archeologo è vivacissima ma non c’è nulla da fare.
Louis Godart, L'invenzione della scrittura. Dal Nilo alla Grecia, Einaudi

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